Uno dei gioielli del patrimonio archeologico fonnese è senza dubbio Gremanu, l’unico acquedotto di età nuragica al momento noto nell’isola.
Immerso in un fitto bosco di roverella e attraversato dal rivolo da cui prende il nome, Gremanu è situato alle pendici del passo di Caravai, a circa 1000 metri di altitudine, nella splendida vallata di Pratobello, ancora oggi nota per la ricchezza dei pascoli e l’abbondanza delle acque. Un’area ideale, insomma, per lo sviluppo di un abitato che di lì a poco sarebbe divenuto sede di culto e luogo di rigenerazione per tutti coloro che, spinti dal bisogno di purificarsi e di scongiurare il pericolo della siccità, vi si recavano in pellegrinaggio.
Siamo nel 1000 a.C.: i nuragici, che hanno già smesso di costruire i nuraghi, iniziano ad aggregarsi intorno alle grandi strutture templari (pozzi e fonti sacre, rotonde) dedicate alla grande divinità delle acque. Ad essa venivano non solo offerte centinaia di spade e statuette in bronzo (note comunemente come “bronzetti”), ma veniva demandato anche il compito di giudicare chi era accusato di furto: raccontano le fonti classiche che chi era sottoposto al giudizio della divinità doveva immergere gli occhi nell’acqua: se acquistava una vista migliore, allora era considerato innocente, se invece diveniva cieco era riconosciuto colpevole agli occhi di tutta la comunità.
Il complesso di Gremanu, unico in Sardegna, consta a valle di una serie di templi con abitato e a monte di un articolato sistema di canalizzazione e captazione delle acque sorgive.
Da una prima fonte le acque venivano convogliate, attraverso una canaletta, ad un primo pozzo circolare, dal quale partiva il sistema di canalizzazione a servizio del villaggio sottostante a valle. Accanto alla fonte è una vasca rettangolare costruita con conci di basalto e trachite perfettamente lavorati e giunti tra loro, presumibilmente utilizzata per le abluzioni rituali, e un ambiente circolare provvisto di pozzo.
Il santuario, intorno al quale si sviluppava il villaggio di circa cento capanne, era delimitato da un recinto rettangolare lungo circa 70 metri (chiamato, in termine tecnico, tèmenos), avente la funzione di preservare le strutture templari.
Prima di accedervi il pellegrino sostava su un’area di forma semicircolare provvista di panchine addossate al muro di recinzione, su cui poteva accomodarsi per meditare e pregare. Due capanne affrontate fungevano da “filtro” verso l’area sacra vera e propria.
Gli edifici riconosciuti come templi sono tre: il grande tempio circolare, il tempio rettangolare o a megaron e il tempio semicircolare.
Il grande tempio circolare è costruito in conci di granito locale e presenta un diametro di nove metri. Si caratterizza per una pavimentazione accurata in lastre di granito e scisto perfettamente aderenti tra loro e per la presenza, al centro dell’ambiente, di un muro trasversale che divide l’area destinata alle attività fusorie da quella dotata di banconi-sedili, destinata a tutti coloro che presiedevano ai riti. Tra le murature del lato nord-ovest è risparmiata una nicchia-ripostiglio, presumibilmente utilizzata per ospitare le centinaia di statuette in bronzo e di offerte che i fedeli lasciavano alla divinità delle acque. La copertura non poteva essere a tholos come quella classica dei nuraghi: immaginiamo dunque un tetto di frasche, necessario per la fuoriuscita dei fumi. Il muro che divideva il vano era realizzato tramite filari di pietra non locale di differente tipologia: basalto, calcare, trachite, alternati in modo tale da creare un raffinato effetto cromatico. Sulla sommità erano ricavati i fori su cui venivano fissate, con il piombo, le spade votive.
Un altro muro trasversale, in conci di trachite rosa, delimitava il focolare rituale del tempio rettangolare o a megaron (così chiamato per la forma rettangolare della camera preceduta da un piccolo atrio o vestibolo), situato in prossimità del tempio circolare.
Il terzo tempio, di forma semicircolare, presenta una conca in conci di granito locale presumibilmente utilizzata per l’acqua.
Come arrivare
Da Nuoro percorrere la strada statale 389 in direzione Mamoiada-Fonni. Svoltare poi al bivio per Pratobello, dove dall’abitato si procede sulla strada provinciale 2 in direzione di Lanusei. Dopo qualche chilometro si raggiunge il sito segnalato da cartelli sulla destra.